Potrei iniziare questo editoriale con una frase d’effetto, ma vi risparmio le frasi belle e fatte. Il Consiglio comunale del 27 giugno ha offerto l’ennesima dimostrazione di un clima logoro, teso, spesso irrispettoso. Un luogo dove si perdono di vista le priorità della comunità, alimentando invece personalismi e scontri.
A raccontarlo e a percepirlo non siamo solo noi, ma anche molti cittadini. Dopo la pubblicazione dell’articolo di ieri “Avete messo solo i bastoni fra le ruote”: Consiglio comunale ad alta tensione, diversi lettori hanno espresso un disagio profondo.
«La serenità, un’utopia. La collaborazione, un mero vocabolo privo di senso. Le parolacce, una costante» scrive O.D.V., con un giudizio netto ma purtroppo realistico.
A.B. sottolinea un punto chiave: «Ci sarebbe una semplice soluzione: fare i consigli comunali in diretta streaming, affinché tutti possano vedere e farsi un’idea dei toni, e soprattutto affinché ci sia trasparenza».
D.P., infine, ricorda che «alla popolazione interessa eccome» sapere dove finiscono i soldi pubblici, citando promesse disattese come il parco giochi per i bambini. È evidente che qualcosa non funziona, e la credibilità delle istituzioni si misura anche sulla capacità di dare risposte puntuali, concrete, rispettose.
Il punto è semplice: non basta dichiararsi trasparenti, bisogna esserlo davvero. Lo streaming (diretta su Facebook o YouTube) dei consigli comunali sarebbe un atto minimo, ma simbolicamente forte. Il fatto che ancora non sia stato attivato, dice molto. Si ha paura.
Il nostro comune sembra ostaggio di una trasparenza a corrente alternata, praticata solo quando fa comodo. Lo abbiamo visto, ad esempio, nella gestione delle borse lavoro. Chi prova a fare domande o a sollevare critiche viene spesso insultato o deriso. Lo scontro andato in scena ieri in Consiglio comunale tra il consigliere di minoranza Tordella e il sindaco Giglietti è una testimonianza. A questo si aggiunge una classe politica subalterna, che in troppi casi appare senza reali margini di autonomia, perché a decidere è chi ha formato la lista elettorale.
Che tipo di politica allora stiamo trasmettendo alle nuove generazioni? Qual è la classe dirigente che si sta formando a Monterosi?
Nel 2024 è uscito di scena Nicola Baldelli, dopo decenni in Consiglio comunale. Ma ne mancherebbero almeno altri tre – oggi eletti – per fare davvero spazio a una nuova generazione in grado di prendere il volo.
Sì, qualche volto nuovo c’è. Ma in troppi casi la politica si è semplicemente passata di mano da una generazione all’altra “con il pacchetto di voti”, senza alcuna reale discontinuità. Le litigate pubbliche e le divisioni che abbiamo visto negli anni spesso sono solo sceneggiate, e “il potere” – quello vero – non siederebbe nemmeno in Consiglio comunale. In paese si mormora che «decide lo Squalo», soprannome di un imprenditore con numerosi terreni, affitti e attività. Non so se sia vero, ma il fatto stesso che circoli questa voce dovrebbe far riflettere.
È inutile girarci intorno: Monterosi ha bisogno di un salto di qualità. Di amministratori che ascoltino, che non reagiscano con fastidio alle critiche, che sappiano accogliere anche le proposte serie dell’opposizione. Di una maggioranza che sappia rinnovarsi di più e che veda la trasparenza non come una minaccia. E di una opposizione che sappia incidere di più e che eviti accordi sottobanco che la indeboliscono.
I cittadini parlano – sì, ci sono le elezioni, dirà qualcuno – ma se l’offerta è sempre la stessa, il risultato non può cambiare. Finché i candidati saranno scelti solo per riempire le liste, accontentati con l’assegnazione di qualche progetto, non si andrà da nessuna parte.
La nuova classe dirigente deve prendere le distanze dai vecchi meccanismi. Servono coraggio, inclusione e rottura. E servono adesso.